Anno all’estero, cosa significa se oggi il mondo è a portata di mano? E, pensandoci bene, è realmente così: la generazione dei nostri figli è iperconnessa. Facilissimo è avere accesso, grazie ai dispositivi mobili, a qualsiasi informazione in tempo reale. Ma possiamo realmente sentirci parte del mondo solo grazie a uno smartphone?

Non sempre è così: sempre più spesso si avverte la mancanza di un contatto reale con la gente e, in cerca di soddisfare il bisogno di conoscere davvero luoghi, culture e lingue diverse, si fa la valigia e si parte per un trimestre, un semestre o un anno all’estero. O, almeno, si tenta.

anno all'estero

Il distacco, infatti, spaventa sempre un po’ i genitori italiani e non sempre è facile sentirsi dire da un figlio adolescente “mamma, voglio studiare all’estero”. Ma davvero siamo convinti che partire, anche in giovane età, sia un male? Non vale almeno un po’ la pena sacrificare la vicinanza per un futuro e uno sviluppo che per i nostri figli sia migliore?

Del resto non è possibile negare quanto proficue e costruttive possano essere le esperienze all’estero e quanto importante sia tentare di dare ai ragazzi la possibilità di crescere oltre confini, anche geografici, noti.

Anno all’estero: perché non è sempre giusto confondere la libertà con l’indipendenza

Non sempre i nostri figli vogliono frequentare un anno all’estero per sentirsi liberi. I motivi che li muovono, o che dovrebbero muoverli, solitamente sono altri: la passione per le lingue straniere, l’ambizione, la curiosità e la sete di conoscenza dovrebbero essere i sentimenti giusti da provare in una fase iniziale. Studiare all’estero non è una fuga ma un percorso di crescita che sviluppa indipendenza: imparare a gestire se stessi, il denaro, gli impegni scolastici e i rapporti interpersonali è un’esperienza che fa parte del percorso e che, tendenzialmente, cambia in profondità i ragazzi e li rende più maturi. Per questo avere spirito di adattamento, passione e ottimismo è indispensabile.

Perché non è corretto pensare che tutti i ragazzi debbano studiare per un anno all’estero e partire con il sorriso

Sembra scontato credere che i nostri figli debbano partire con il sorriso ma pensiamoci bene: è davvero così? In realtà è più facile vederli tornare e non partire sorridenti perché l’anno scolastico all’estero è un’esperienza provante, responsabilizzante e costosa. Questo i ragazzi lo sanno e, nonostante siano convinti della loro scelta, all’inizio soprattutto per loro non è mai facile.

Supportarli è fondamentale: dare a un figlio la possibilità di partire significa non fargli pesare la lontananza da casa, la nostra tristezza e il costo dell’esperienza ma ascoltarlo e essere persino pronti a confortarlo nel caso in cui qualcosa andasse storto.

Perché qualcosa, dopo aver speso tanto per l’anno all’estero, va storto?

Certo, potrebbe, ed è per noi insensato negarlo: l’anno all’estero può, teoricamente, essere un’idea allettante per molti ma, in pratica, è un’esperienza che non fa per tutti. Tanti lati del carattere si smusseranno, molte tendenze miglioreranno ma ci vuole un’attitudine. Tolleranza, spirito di adattamento, apertura mentale e curiosità sono prerogative indispensabili che porteranno i nostri figli a sforzarsi costantemente e per tutta la durata di questo percorso.

Sforzarsi durante l’anno all’estero, per cosa?

I nostri figli si sforzeranno di capire, parlare, studiare, organizzare, riordinare e socializzare. Per questo avranno bisogno di tutto il nostro supporto, fino a quando non si sentiranno a casa anche in un paese straniero. Dare l’opportunità a un figlio di studiare all’estero è importante ma garantire il giusto supporto emotivo lo è ancora di più.

Se tuo figlio si sente pronto, tu puoi dire lo stesso?

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